La ginnastica ritmica e i suoi attrezzi per disegnare l’aria

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Il cerchio, la palla, le clavette, il nastro e la fune: sono queste le “bacchette magiche” con cui le ginnaste, vere e proprie “fatine” dello sport, disegnano l’aria. È grazie a questi 5 attrezzi che riescono in magie incredibili; per realizzarle, il loro corpo deve sottostare alle rigide regole di questa affascinante disciplina sportiva che impone un’estrema padronanza tecnica e vuole le atlete flessibili ed espressive.Con la prima edizione di Mukki Sport siamo riusciti a vivere da vicino le emozioni di questa disciplina, anche grazie alla settima edizione del Memorial Manola Rosi, l’evento della Società Ginnastica “F. Petrarca 1877” che si è aggiudicato il contributo Mukki rientrando tra i 10 vincitori dell’iniziativa.Per approfondire l’argomento, abbiamo scambiato due parole con il Presidente dell’Associazione, Paolo Pratesi.

Il Memorial Manola Rosi è un appuntamento molto atteso a livello nazionale. Com’è nato?
Questo evento è nato in seguito alla scomparsa di Manola Rosi, la nostra tecnica di riferimento che era la responsabile tecnica nazionale della ginnastica ritmica e aveva raggiunto i massimi vertici nazionali. Era una professionista appassionata e scrupolosa: anche nei suoi ultimi istanti ha fatto di tutto per non far mancare il suo sostegno alle atlete della nazionale impegnate in Giappone. Pur avendo due lavori, faceva i salti mortali per riuscire a conciliare tutto; l’evento, quindi, non poteva che essere dedicato a lei. Il Memorial è a rappresentativa regionale: ogni regione manda 3 squadre, ognuna appartenente a una diversa fascia d’età, cosicché le atlete possano gareggiare con altre ginnaste di pari livello. L’evento, pur non interferendo con i calendari federali, ha sempre avuto una veste agonistica; alla regione prima classificata – per l’edizione 2016 le Marche – viene consegnata un’opera in bronzo: un trofeo che viene realizzato ex novo ogni anno dallo stesso scultore.

Le ginnaste sembrano delle vere fatine, ma quanto è duro il lavoro che sta dietro a tanta padronanza del proprio corpo?
Molto duro: quando le ginnaste arrivano all’attenzione nazionale, quindi chiamate a rappresentare l’Italia nelle gare di rilievo internazionale, sostengono anche due allenamenti al giorno. La ginnastica è una disciplina sportiva il cui studio deve iniziare sin da piccolissime: i tesseramenti partono a 4 anni compiuti, così da trasmettere da subito i valori dello sport e iniziare a forgiare il corpo della atlete. A quell’età, la ginnastica viene insegnata sotto forma di gioco, perché non si è ancora pronti per affrontare gli esercizi veri e propri; vengono tirate fuori le doti delle bambine che apprendono come utilizzare il proprio corpo in maniera corretta e fanno proprie le regole sportive che diventano regole di vita.

Eravate abbastanza allenati per vincere “la gara” Mukki Sport?
Inizialmente, non pensavamo fosse così dura, anche se immaginavamo la forte concorrenza: la Toscana vanta un folto numero di società sportive ed eventi che rientrano a pieno titolo in quelli ammessi dal regolamento. Per rientrare tra i vincitori abbiamo lavorato molto per sensibilizzare i bambini della nostra società e in particolare i loro genitori. Il nostro sport non gode di grandi sovvenzioni, quindi un’iniziativa come Mukki Sport è stata molto utile per le sostenere le nostre attività.

Info: www.ginnasticapetrarca.it
         segreteria@ginnasticapetrarca.it – presidente@ginnasticapetrarca.it

‘,la-ginnastica-ritmica-e-i-suoi-attrezzi-per-disegnare-l%27aria,’2016-12-09 09:00:00′,135,News,https://archive.mukkisport.it/img_slir/mukkisport/9/8/981481307877.jpg
695,’Andrea Lemmi, salta (in alto) nell’oro’,’

Andrea Lemmi, 32 anni, livornese DOC, in forza alle Fiamme Gialle dal 2003, una laurea in politiche e legislazione dei sistemi logistici, maglia azzurra nella specialità del Salto in Alto. Appassionato della propria terra e in particolare della sua città. Segni particolari: calzettoni amaranto d’ordinanza come il colore della squadra del Livorno. 

Quanto è importante nella tua esperienza sportiva la toscanità e il senso di appartenenza a una determinata storia? 

Sono molto legato a Livorno, la mia città, alla sua storia e alle persone che la vivono. Qui sono cresciuto e mi sono sempre allenato. Credo che il senso di appartenenza sia fondamentale per la vita di tutti giorni, perché permette di avere coscienza di ciò che ci circonda e certamente anche nella vita di uno sportivo: un atleta profondamente legato al territorio in cui si allena ha una motivazione in più. Dopotutto lo sport è una componente importante per la salute e la socialità dei cittadini. 

Ricordi il momento preciso in cui hai capito che il salto in alto era la tua strada? 

Si, facevo già atletica leggera, mi divertivo molto a correre le lunghe distanze, ma la prof. delle medie mi convinse a fare il salto in alto per i Giochi della Gioventù. All’inizio ero molto scettico, ma le belle sensazioni dello stacco e dell’evitare l’asticella mi convinsero a continuare. Già dalla seconda gara quando iniziai a vedere l’asta salire mi innamorai definitivamente. Non sapevo ancora dove mi avrebbe condotto quel “gioco” , ma decisi di seguire l’istinto. 

Sei reduce da un oro al Gran Gala del Salto in Alto, il tuo primato personale è quota 2.26. Dove vuoi arrivare? 

Il Gran Galà di Salto in Alto, svolto a Settembre a Livorno è stato particolare in primis perché dedicato al mio storico allenatore Vittoriano Drovandi, poi perché si svolgeva sulla pedana di casa con tanti amici, miei e di Vittoriano. È stato bello e motivante tentare il record personale di 2,27m. Per quanto riguarda il mio futuro invece continuerò a saltare con l’entusiasmo di sempre, almeno finché il fisico me lo permetterà. 

Cosa ti ha insegnato lo sport e in particolare questo sport? 

A volte uso la massima ‘Sport come palestra di vita’ perché credo si adatti bene a diverse circostanze: ci unisce agli altri anche quando sono dei rivali, ci stimola a lavorare per raggiungere obiettivi, ci ‘allena’ alla sconfitta e ci abitua a un corretto stile di vita! La mia specialità, poi, con quell’asticella che sale ogni volta un po’ di più è l’emblema di un ostacolo che al tempo stesso è stimolo, una sfida sempre da affrontare con la serena determinazione di chi lotta e da tutto.

Puntare sempre più in alto. E’ più difficile nello sport o nella vita? 

Nello Sport è sicuramente difficile perché non ci sono limiti assoluti, ma solo quelli personali. A volte possono capitare complicazioni date dagli infortuni o a questioni più psicologiche che si insinuano nel gesto tecnico, quindi il percorso si può fare più irto. Anche nella vita è difficile puntare in alto, ma a volte è bello rinunciare a qualcosa per ‘godersi il panorama’! 

In cosa consiste l’allenamento di un saltatore? 

L’allenamento del saltatore è molto vario perché deve sviluppare caratteristiche di forza in palestra, di elasticità lavorando con balzi, rimbalzi e stacchi, capacità ritmiche nella corsa, ma anche percezione del corpo in volo con valicamenti dell’asticella con trampolini ed acrobatica. Ci sono poi da coltivare tutte le questioni che riguardano la gestione del sistema nervoso, quindi esercizi di rilassamento, attivazione e concentrazione. Un bel mix di lavori sempre vario che non ti fa mai venire a noia scendere in campo. 

Chi ammiri dei tuoi colleghi? 

Il salto in alto italiano è in un periodo di grande fermento, abbiamo 3 atleti come Gianmarco Tamberi, Marco Fassinotti e Silvano Chesani tutti con caratteristiche diverse e con un record personale che prima di loro non era riuscito a nessuno in Italia. Il 2,39m di Tamberi poi è una misura che poteva sembrare impensabile fino a pochi anni fa per un Azzurro. Non posso dire di ammirarne uno in particolare, ma apprezzo molto i loro punti di forza specifici. Nella mia carriera però ci sono stati due vecchi compagni di pedana che mi hanno ispirato ed insegnato molto sul campo: sono Giulio e Nicola Ciotti, personale di 2,31m per entrambi e una grande passione e dedizione all’allenamento nonostante il loro carattere canzonatorio. Ho avuto la fortuna di lavorarci insieme per diversi anni alla Scuola Nazionale di Atletica Leggera di Formia e di quello che mi hanno trasmesso non posso che essergliene grato!

Le tue passioni extrasportive? 

Fuori dal campo non ho una passione ben precisa: mi piace approfondire la storia della mia Città e seguire cosa gli succede intorno. Livorno infatti ha una storia tutta particolare grazie alle fiorenti attività portuali che ne fecero uno degli approdi più importanti del Mediterraneo, ma anche grazie al carattere indomito e irriverente dei suoi abitanti frutto del ‘miscuglio di razze’ delle Leggi Livornine che dettero vita a un fervente periodo risorgimentale. Cose a cui non riesco a rinunciare invece sono il tuffo al mare nella cornice del Romito, poco a Sud di Livorno, la buona tavola e le chiacchiere fino a tardi con gli amici. 

Ti piace il latte? 

Che regimi alimentare deve avere un saltatore?Sono cresciuto in una famiglia in cui tutti hanno sempre bevuto molto latte, e nelle mie colazioni non è mai mancato. La dieta di un saltatore deve essere equilibrata tra carboidrati e proteine e magari propendere verso l’uno o l’altro in base ai lavori che vengono fatti durante la preparazione. In periodo gara invece il saltatore deve cercare di limare il peso, mantenendo però tono muscolare ed energia. Più leggeri siamo, più è facile salire! Personalmente non seguo una dieta particolare, se non quella Mediterranea, che reputo un ottimo compresso tra salute e ‘gola’. 

Cosa sogni per te stesso? 

Nei progetti del futuro c’è sicuramente quello di una vita senza frenesie, che come dicevo permetta anche di godersi il panorama; c’è il progetto di coltivare le relazioni con la famiglia e con il mondo intorno in serenità, ed ovviamente c’è il progetto di continuare a vivere il mondo dello Sport come espressione di lealtà, rispetto e fratellanza fra i popoli.

Categoria: Interviste
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